Loading...
ROCCA IMPERIALE 2019-05-26T19:36:03+00:00

La Storia

Unica via di comunicazione tra le Puglie e la Calabria, sul versante Jonico, era, ancora nel 1200, la via costiera ionica citata dalla Tabula Peutingeriana che, partendo da Reggio Calabria e costeggiando il mare, andava a congiungersi a Brindisi con l’Appia che proveniva da Capua. D’altra parte la Calabria era allora parte integrante della Sicilia, e se i baroni siciliani, sempre contrari alla monarchia per le limitazioni imposte alle loro prerogative, si fossero ribellati, attraverso questa arteria stradale avrebbero potuto tentare l’invasione del resto dello Stato. Appare dunque evidente l’importanza militare del luogo e Federico II, che di strategia si intendeva, volle erigervi un castello che al fine principale difensivo unisse il compito di dare asilo alla Corte negli spostamenti e nelle partite venatorie alle quali il territorio era adattissimo. L’intensa e frenetica attività edificatoria messa in atto in quel ventennio da Federico II suscitò preoccupazione tali che il giustiziere Tomaso De Gaeta, in una lettera indirizzata all’Imperatore, non poté risparmiargli un rimprovero: “È vero che l’imperatore non deve fidarsi così tanto della pace da non prepararsi alla guerra, ma non è necessario che Vostra Maestà costruisca fortezze così in alto, fortifichi le cime di ripide colline, sbarri i pendii dei monti con mura e li circondi di torri: anche senza fortificazioni la salvezza del re sarà assicurata dalle opere benefiche e dalla mitezza” (Kehr, 1905, pp. 55 s.). Lo STATUTUM DE REPARATIONE CASTRORUM, il cosiddetto ‘Statuto sulla riparazione dei castelli’, costituisce l’accertamento giuridico delle comunità e delle signorie feudali ed enti ecclesiastici, secondo le consuetudini, che dovevano provvedere alla riparazione e manutenzione di quei castelli, domus regie e centri abitati. Nel caso della “Rocca Imperiialis” l’imperatore stabilì che ben ventisette località dovevano provvedere ad inviare uomini e mezzi: 1 Nocara, 2 Canna, 3 Anglona, 4 Tursi, 5 Favale, 6 Presinace, (8 Rodiani) 9 Senise, 10 Chiaromonte, (11 Rubi) 12 Episcopia, 13 Battifarano, (14 Noge) 15 Castronuovo, 16 Colobraro, 17 Agromonte, 18 Latronico, (19 Solucii) 20 Santa Anania, 21 Armentano, 22 San Quirico, 23 Valsinni, 24 Castelsaraceno, 25 Farace, (26 Tigani) (x) (27 Pulsandrane). (in parentesi le incerte o sconosciute) Come si può osservare esse sono collocate in un fascio che si allarga a ventaglio in una sola direzione, che si estende a molti chilometri in linea d’aria (venti e oltre), distanza che sul terreno doveva aumentare notevolmente, superando dislivelli e attraversando fiumi. La spiegazione di questo fenomeno va senz’altro individuata attraverso una serie di ricerche sistematiche, per quanto i documenti lo consentano, sull’intersecarsi e sovrapporsi di terre e di diritti demaniali e feudali”. Si ritenga comunque che queste scelte possano essere dovute anche ad una “logica politica”, cioè alla volontà, da parte di Federico II, di “evitare che una struttura castellare, con la sua guarnigione e il suo castellano, potesse raccordarsi troppo strettamente alle comunità di quel territorio, sino a diventare pericoloso centro di aggregazione di interessi comuni”. Poiché gli apprestamenti necessari ad una grande opera in muratura non si improvvisano, sull’altura che dinanzi era brulla o macchinosa, l’Imperatore, molto tempo prima dell’inizio dei lavori architettonici, dovette inviare operai per i movimenti di terra e la cottura della calce; i quali operai si stabilirono “in situ” formando così il primo nucleo del nuovo abitato. Essi stessi, e i villici poi, cominciarono a distinguere il luogo con l’appellativo dialettale di Ri-carcari o Li-carcari, che fu presto dimenticato e sostituito, e castello ultimato, con nome di Rocca Imperiale. Il termine Ri-carcari, esaminato alla luce della fonetica locale, è un chiaro nome composto da Ri + carcari o Li + carcari equivalente a “Le fornaci”, le quali dovettero essere in gran numero apprestate per la calce ed i mattoni prima di iniziare la costruzione della fortezza. Il villaggio, formato dagli operai e da pochi altri individui che erano andati a porvi dimora con la famiglia per la sicurezza, dopo oltre due lustri era ancora insignificante, per cui Federico II, che da principio non aveva inteso dar vita ad un nuovo incolato, decise di inviarvi una colonia nel 1239. Sebbene manchino attestazioni probatorie esplicite, la nascita di Rocca, paese e castello, deve quindi attribuirsi a Federico II di Svevia e fra gli antenati degli odierni Rocchesi sono da annoverare degli abitatori medievali della cittadina (a Sud-Ovest) di Castrovillari, con la quale conservano tuttora una stretta parentela linguistica.

Rocca Imperiale è famosa per i suoi pregiati limoni. È il centro abitato più a Nord della Calabria.

Monumenti

Castello Svevo

Il presidio del castello fu costituito, fino all’invenzione della polvere da sparo, da arcieri e balestrieri, che si appostavano in combattimento dietro le feritoie e i merli. Due moschetti a miccia anteriore, del ‘400, furono rinvenuti in una cisterna del vecchio maniero. Durante la dominazione borbonica le cortine del forte erano protette da 25 pezzi di artiglieria i quali furono tolti dopo il 1861. Uno rimase dimenticato e regge ora la mensola di un terrazzino del paese. Il castello svevo, epicentro del feudo, è oggi quasi interamente aperto al pubblico. Da lì si scende in paese per le viuzze, tra le quali si ammira la cappella quattrocentesca dedicata a San Giovanni e, poco oltre, in direzione est, quella del Rosario, del XVI secolo. Proseguendo la discesa, a circa metà del percorso, si trova il più antico edificio sacro di Rocca Imperiale, la chiesa Madre, voluta da Federico II nel 1239. Appena sotto di essa s’incontra un’ulteriore cappella, forse seicentesca e dedicata alla Madonna del Carmine. Imboccando verso sud la “discesa delle Sirene”, si arriva al monastero francescano dei Frati Osservanti, di semplice architettura, come quella che contraddistingue l’Ordine. Dalla annessa chiesa di Sant’Antonio, costruita dai frati per il culto, si prende la strada che esce dal borgo. La meta è la contrada Cesine, dove sorge il santuario Madonna della Nova, protettrice di Rocca Imperiale.

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi